A cura di Anna Caterina Bellati
CIRO PALUMBO – EL INGENIOSO DON QUIJOTE
Dipinti, Sculture, Disegni
A cura di Anna Caterina Bellati
UN EROE CONTEMPORANEO CHE COMBATTE CONTRO LE PROPRIE PAURE MA AFFRONTA I NEMICI SENZA MAI INDIETREGGIARE. IL CAVALIERE SENZA MACCHIA CAPACE DI SOGNARE ANCHE SE FERITO.
DULCINEA, IL GRANDE AMORE PER CUI VIVERE E SANCIO, L’AMICO GRAZIE AL QUALE SOPRAVVIVERE. RONZINANTE, IL CAVALLO CHE CON CORAGGIO E DEVOZIONE IMPARÒ A VOLARE.
UNA INTENSA MOSTRA DEDICATA AL MAGGIOR VISIONARIO DELLA LETTERATURA MONDIALE, MIGUEL DE CERVANTES SAAVEDRA.
Questa narrazione non illustra la saga di Don Chisciotte accompagnandolo nelle sue molte prove mai risolte, se non con la morte dell’eroe/antieroe. Davanti agli occhi dell’osservatore sciorina semmai un duplice registro, sotto traccia quello della Storia (che nel romanzo gira in tondo a volte [s]perdendosi); in evidenza quello di una sana follia che accomuna molti di noi, chi più chi meno. E questo accade con l’introduzione di elementi simbolici trasfigurati, ricorrenti nell’opera di Palumbo, a corroborare l’idea che il protagonista sia una figura eterna, disponibile a reincarnarsi in qualunque tempo, in qualunque mondo.
L’artista di origini napoletane, nato a Zurigo e cresciuto a Torino, invita dunque a una decifrazione accreditabile al contemporaneo del capolavoro di Cervantes. (Prologo)
Da un lato c’è l’inquietudine di un cavaliere armato solo dell’illusione di riuscire a trasformare la realtà in sogno, quando la sorte ingrata di Sancio impone allo scudiero di alimentare la certezza del quotidiano, quella pacata corrosiva inerzia che alla fine sconfigge la purezza della follia. Il loro continuo scambio di esperienze, quasi un travaso di pensieri tra i due protagonisti, induce nello svolgersi del romanzo dubbi, abitudini mentali, corroboranti speranze e ancora paure, o catastrofici dilemmi che trascorrono dall’uno all’altro in un gioco di rimandi senza soluzione di continuità.
Dall’altro c’è la tensione emotiva, lo sforzo di un pittore-scultore che si cimenta nell’impresa di riuscire a combinare i temi dell’opera di Cervantes con gli elementi fondamentali di cui sono intessuti i cicli pittorici che hanno scandito il suo percorso artistico. Non dunque rilettura o illustrazione ma una analisi comparata, a distanza di secoli, per verificare quanto di quella Storia sia ancora coniugabile con il presente e accertare se lo sguardo contemporaneo verso se stessi e verso il cielo fosse già in nuce nel lavoro del grande spagnolo.
Aggiungo che il poeta naturale e spontaneo che si aiuta coll’arte sarà migliore e superiore a colui che, soltanto perché conosce l’arte, vuol essere poeta. E la ragione è questa: che l’arte non può superar la natura, ma soltanto perfezionarla, e quindi soltanto dall’unione dell’arte con la natura e della natura con l’arte può uscire un perfetto poeta. (Don Chisciotte della Mancia, Tomo 2: Capitolo XVI)
Il Don Chisciotte è un’opera monumentale nella quale i personaggi sfuggono persino al loro autore, fatto che li espone a una imprecisabile congerie di interpretazioni.
Il medesimo accade all’indagine immersiva condotta per realizzare questo gruppo di opere che hanno determinato Palumbo a una lotta furibonda contro il tempo, generando il bisogno di fermare su carta o tela o nel gesso le idee affollate nel cuore e nelle mani.
Di fronte a uno dei classici della cultura mondiale il nostro artista si lascia sorprendere e catturare dalla curiosità e dalla magia del narrato; così la materia poetica conquista una propria identità tracimando dai percorsi metodologici preferenziali già collaudati. Nel decifrare i mille rivoli in cui si dispiegano le vicende dell’hidalgo, Palumbo affronta i contenuti di ogni tela disegno preparatorio scultura lasciando molte più variabili alla passione e alla sorte di quanto non gli sia mai accaduto in precedenza. E scoprendo nel fare arte un nuovo linguaggio che non modifica né la sua tavolozza né i suoi archetipi, ma conferisce a questo corpus di opere la volontà di confrontarsi con l’altro, capirne a fondo l’anima per diventare in certa misura “quel” cavaliere.
Il modo di esprimersi di Don Chisciotte dice di un personaggio colto e articolato che vive spera duella e sogna dentro una sintassi precisa e pulitissima, riuscendo a mantenersi elegante in qualunque situazione; Palumbo a sua volta piega i propri codici espressivi a quella figura malinconica e preromantica regalandole persino soddisfazioni inattese. Come il fidato Ronzinante che addirittura acquisisce l’aspetto di un animale superbo in grado persino di volare. Imboccata la strada di questo dialogo serrato, bisognerà quindi verificarne la tenuta.
Anna Caterina Bellati
Ciro Palumbo nasce a Zurigo nel 1965. Il suo percorso artistico prende l’avvio dalla poetica della scuola Metafisica di Giorgio de Chirico e Alberto Savinio, per reinventarne tuttavia i fondamenti secondo un’interpretazione personale del tutto originale. Nella sua ricerca procede attraverso momenti di contemplazione e silenzi metafisici, a cui si contrappongono espressività notturne e intimamente travagliate, dove si respira netto il distacco dall’immobilità silente che abita le tele del Pictor Optimus. Le sue opere si presentano dunque come palcoscenici in cui gli oggetti presenti sono portatori di simbologie oniriche. Ciro Palumbo non è solo un pittore, ma di fatto un poeta che riflette, agisce e compone per coniugare metafore sull’inafferrabilità del tempo e l’incommensurabilità dello spazio, mostrando quindi la sua capacità di approfondire l’osservazione non tanto della natura, quanto delle impressioni immaginifiche che provengono dalla memoria. Curioso ricercatore e studioso, lavora da qualche anno anche sul tema del Mito, interpretando la mitologia classica in chiave squisitamente moderna, e dandone una lettura profondamente colta e suggestiva.